YANAGIHARA E IL PESSIMISMO DEL QUOTIDIANO

Riccardo Tennenini

In precedenza abbiamo parlato del “pessimismo di Marx” che riguardava l’aspetto lavorativo, in questo nuovo articolo invece vedremo un’altro “pessimismo” non presente all’interno di un pensiero filosofico ma veicolato attraverso la narrativa. Stiamo parlando del romanzo “Una vita come tante” di Yanagihara. In questo romanzo di oltre mille pagine se identifichiamo l’esistenza del protagonista Jude a quella di ognuno di noi è possibile riscontrare una chiara visione di quello che possiamo definire un pessimismo del quotidiano. L’autolesionismo viene visto come unica o forse l’ultima forma di redenzione, il senso di colpa che diventa biasimo di se stessi per ciò che si è stati e che ha plasmato inevitabilmente ciò che si è diventati. La speranza nel prossimo sempre disillusa tra violenza e morte. La perdita penso possa essere la parola esatta per descrivere il pessimismo del quotidiano di questo romanzo. Infatti al protagonista pagine dopo pagine, si trova di fronte una realtà americana contemporanea che quotidianamente gli fa perdere tutto, compresa la sua umanità. La perdita è espressa in descrizioni lucide e dettagliate di tutto ciò che capita nella vita di Jude.  Ad ogni perdita ciò che guadagna in cambio sono solo altrettante perdite mascherate dalla speranza. 

Questo pessimismo, in conclusione possiamo dire che ci mette davanti al fatto che tanto nel romanzo quanto nella vita non c’è un lieto fine. Anzi fino alla fine proprio come il protagonista subisce i più atroci dolori.  

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