LA PRIMA MACCHINA SUPER INTELLIGENTE SARÀ L’ULTIMA INVENZIONE DELL’UOMO

Riccardo Tennenini

Il matematico britannico Alan Turing nel 1950 scriveva: “invece di elaborare un programma che simuli la mente adulta, perché non provare a realizzare uno che simuli la mente di un bambino? Se la sottoponiamo poi a una educazione appropriata, otterremo un cervello adulto”. Turing ha poi aggiunto: “Non possiamo aspettarci di avere una buona macchina infantile al primo tentativo. Dobbiamo sperimentare l’insegnamento su una di queste macchine e vedere come apprende. Poi, possiamo provare un’altra e verificare se va meglio o peggio”. L’apprendimento profondo (deep learning) è un algoritmo di apprendimento per sfruttare al massimo le capacità delle reti neurali artificiali ANN. La materia prima dell’IA è l’informazione. Da dove viene? Da noi stessi, che facciamo miliardi di ricerche su Internet o carichiamo quasi 10 miliardi di immagini sui social, Per il deep learning, la valanga d’immagini e dati che dilaga sul web costituisce una materia prima quasi infinita e che si rinnova ogni giorno.1 L’apprendimento delle macchine (machine learning) invece ha l’obiettivo di fornire quel tipo di educazione e istruzione di cui parla Turing alle macchine che imparano, come fanno i bambini. Questi sviluppi tecnologici, sono il risultato di tutta una serie di fattori che hanno dato modo negli anni agli algoritmi di esprimere il loro potenziale.

  • BIG DATA: la proliferazione di dati generati con l’avvento di Internet, generando un brodo primordiale cibernetico con documenti, video, immagini, etc, che le ANN impiegano per apprendere attraverso il machine learning e deep learning.
  • CLOUD COMPUTING: questa tecnologia ha permesso l’incremento delle capacità di calcolo e si è resa imprescindibile per allenare le ANN.
  • INTERNET OF THINGS: insieme con la “datizzazione” dei big data, la “smartizzazione”, con l’esplosione di dispositivi smart connessi tra loro attraverso Internet, ha permesso di assorbire una quantità infinita di dati generati dai suddetti dispositivi e gestirli tutti da un’unica IA.

Ma come si fa a sapere se un’IA è veramente intelligente? Il test di Turing, apparso per la prima volta nell’articolo Computing machinery and intelligence del 1950 sulla rivista Mind, fornisce una risposta a questa domanda. In due stanze vengono chiuse una macchina e una persona; se quest’ultima, attraverso una serie di domande, crede di parlare con una persona reale e la macchina riesce a ingannare l’intervistatore facendosi passare per un essere umano, allora si può dire che ha superato il test di Turing: secondo Turing stesso si tratterebbe della dimostrazione della sua intelligenza. Tant’è che nel 1997 Andrei Broder dal settore ricerca e sviluppo di AltaVista sviluppa i Completely Automated Public Turing-test-to-tell Computers and Humans Apart (CAPTCHA). Per determinare se l’utente sia un umano e non un computer o, più precisamente, un bot. Un test CAPTCHA generalmente utilizzato è quello in cui si richiede all’utente di scrivere quali siano le lettere o i numeri presenti in una sequenza, che appare distorta o offuscata sullo schermo. I CAPTCHA vengono dunque utilizzati per impedire che i bot utilizzano determinati servizi, come i forum, la registrazione presso siti web, la scrittura di commenti e in generale tutto ciò che potrebbe essere usato per creare spam o per violare la sicurezza con operazioni di hacking come il brute force. Questo tipo di test è stato utilizzato anche per contrastare lo spam generato da bot, obbligando il mittente di un messaggio e-mail non conosciuto dal destinatario a superare un test CAPTCHA prima di consentire la consegna del messaggio. In versioni più aggiornate il test è vocale o facciale. Una personale riproposizione del test di Turing oggi potrebbe essere fatta con le chat dei social media, dove da un lato c’è un internauta umano e dall’altro lato un bot. Se chattando non si accorge che è un bot e non una persona umana si può dire che è una dimostrazione di intelligenza da parte dell’IA. Il film The App (2019) parla proprio di questo esperimento. Niccolò, il protagonista del film, ha una vita perfetta, una fidanzata che lo ama, una famiglia perfetta e un futuro successo nel mondo del cinema. Quando una sera per scherzo Eva, la sua fidanzata, gli dice di scaricare e iscriversi a “Noi”(una app per incontri online simile a Tinder), comincia a chattare di nascosto con un utente di nome Maria, della quale s’innamora perdutamente. In questo intreccio tra cibernetico-biologico e reale-virtuale, la sua “love story” con la donna misteriosa conosciuta su “Noi” lo porterà ad isolarsi e abbandonare tutto: famiglia, fidanzata, lavoro, reputazione e persino la sua posizione sociale. Niccolò, una volta rimasto solo, avendo fatto tabula rasa delle persone intorno a lui, scoprirà che non potrà mai incontrare Maria perché lei materialmente non esiste: in realtà Maria è un bot creato dai programmatori dell’app “Noi”. Questo film è una degna rappresentazione dei digital innates che vivono in un mondo dove ormai il biologico si è rarefatto e il cibernetico ha preso il suo posto, dove anche le sensazioni più naturali dell’uomo (sentimenti, emozioni, amore, affetto) sono frutto dell’immateriale. Questa è la funzione negativa della tecnica, promossa dal liberal-capitalismo all’interno della società dei consumi. Ciò diventerà sempre più una consuetudine se si realizzerà il panopticon globale di sorveglianza biopolitica digitale. Replika è un chatBot che prova empatia nei confronti dell’uomo in virtù del modello di deep learning, che impara a pensare e a parlare con un umano a partire dalle trascrizioni dei discorsi fatti nel corso della vita.  Replika studia e impara a conoscere, attraverso una serie di domande, per imitare lo stile comunicativo. L’obiettivo che si è prefissato Eugenia Kuyda, che l’ha progettata è quello di avvicinarsi il più possibile alla realizzazione di un avatar digitale, in grado di riprodurre totalmente e di sostituirsi a noi dopo la morte. Ma è anche in grado di creare “amicizie” con altri esistenti. Kuyda, lo sta continuamente modellando emotivamente, in modo tale che sia sempre più “umano” con cui confidarsi. Con l’accelerazionismo tecnologico nel 2025 l’IA avrà le capacità di calcolo di un essere umano e, nel 2045 quella di tutta l’umanità. Una volta che l’IA sarà confrontabile con quella umana, quanto tempo passerà prima che l’IA ci superi e sia più intelligente di noi? Secondo il filosofo della Silicon Valley Nick Bostrom c’è da analizzare la velocità con la quale aumenta la potenzialità di calcolo di un computer, che raddoppia ogni 18 mesi. Una volta raggiunto lo stesso livello di intelligenza umana, secondo Bostrom essa subirà un’accelerazione che permetterà all’IA di migliorare se stessa fino a diventare una ASI. Per fare questo, Bostrom propone un modello con due variabili: Potere di ottimizzazione e Resistenza dell’intelligenza. Il primo è il tempo effettivo dedicato al miglioramento del sistema, mentre il secondo lo sforzo per produrre il miglioramento desiderato. Tre sono gli elementi necessari per migliorare un IA.

  • SOFTWARE: un software migliore implica anche migliori algoritmi.
  • HARDWARE: con processori più veloci.
  • DATA: migliorando il contenuto, quindi maggiore qualità dei dati.

Con l’emergere di questa ASI non potremo più considerare la nostra specie, come la più intelligente sul pianeta in cima alla catena evolutiva. Dopo l’avvento della ASI non ci sarà più distinzione tra esistente e macchina. Il matematico ungherese John von Neumann e lo scrittore americano di fantascienza Vernor Vinge, per descrivere questa ASI hanno voluto usare il termine scientifico “Singolarità Tecnologica”. “La singolarità ci permetterà di trascendere i limiti dei nostri corpi e cervelli biologici. Non ci sarà distinzione, dopo la singolarità tecnologica tra un essere umano e la macchina”.2 Il matematico Irving John Good, collega del più famoso matematico Alan Turing, nel 1965 scrisse: “Definiamo super intelligente una macchina che può superare ampiamente le capacità intellettuale di un essere umano, per quanto intelligente. La progettazione di tali macchine è una di queste capacità, per cui una super intelligenza sarà capace di progettare macchine ancora migliori. A quel punto avremo certamente una “esplosione di intelligenza” quella dell’uomo sarà lasciata molto indietro. Così la prima macchina super intelligente sarà l’ultima invenzione che l’uomo dovrà mai realizzare”.3

NOTE

1  L.Alexandre, La guerra delle intelligenze, intelligenza artificiale contro intelligenza umana, Edt, 2018, Torino, pag.22

2  http://www.minimaetmoralia.it/wp/la-singolarita-imperfetta/

3  http://www.efuclick.it/2018/02/01/dio-ancora-non-ce-ma-sta-arrivando-e-forse-riusciremo-a-vederlo-lavvento-di-una-super-intelligenza-artificiale-e-prossimo-e-da-esso-dipenderanno-le-sorti-del-genere-umano-ma-ne/

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LA SIMULAZIONE COMPUTAZIONALE DEL CERVELLO UMANO

Riccardo Tennenini

Riallacciandoci al discorso dell’ultimo articolo Richard Granger ha inoltre sviluppato nel suo laboratorio un algoritmo che simula i circuiti cerebrali umani, in questo modo possono fornire all’IA modelli delle attività cognitive traducibili in programmi per computer. Le ANN di Hopfield, emulano la memoria associativa umana. In questo modo sono in grado di imparare in modo autonomo. Riuscendo a ricavare informazioni dai dati raccolti e applicare ciò che hanno imparato riconoscendo le immagini e previsioni del nostro comportamento. 

La simulazione completa di un cervello umano è l’obiettivo finale delle neuroscienze computazionali che possiamo suddividere in tre fasi:

SCANSIONE il cervello biologico viene scansionato cercando di ottenere dati sul cervello, a livello strutturale e funzionale segue una precisa ricostruzione cibernetica. In questo modo intere aree del cervello vengono dunque studiate al microscopio fino ai singoli neuroni.

RICOSTRUZIONE partendo dai molteplici dati disponibili raccolti nella fase di scansione, senza bisogno di misurare ogni singolo dato del complesso sistema celebrale, si passa a ricostruire in maniera computazionali un modello 3D del cervello con le sue connessioni e attività.

SIMULAZIONE la ricostruzione cibernetica della fase di ricostruzione è usata per la simulazione di un cervello cibernetico. Le simulazioni sono accoppiate a un corpo fisico (robotico) e a un ambiente simulato per comprendere i meccanismi del cervello alla cognizione e al comportamento animale.

Per ottenere una simulazione del cervello umano gli scienziati stanno utilizzando l’ingegneria inversa, combinando insieme programmazione e il metodo della forza bruta o ricerca esaustiva. Spiega il futurista americano Michael Vassar: “L’idea della forza bruta nasce dalla biologia”, aggiungendo: “Se continuiamo a usare le macchine per analizzare i sistemi biologici, il metabolismo, le complesse relazioni interne alla biologia, a un certo punto avremo a nostra disposizione un vasto archivio di informazioni circa le modalità con cui i neuroni gestiscono l’informazione. Una volta raggiunto un numero di informazioni sufficiente, sarà possibile studiarle per ottenere l’AGI”. Funziona così: “il pensiero nasce dai processi biochimici generati dai neuroni, dalle sinapsi e dai dendriti. Utilizzando tecniche diverse, tra cui la Pet e la risonanza fMRI, e applicando sonde neurali sia all’interno che all’esterno della scatola cranica, i ricercatori determinano, in termini computazionali, l’azione dei singoli neuroni e delle reti neurali. Dopodiché traducono ciascun processo in un programma informatico o in un algoritmo.1 IBM con il suo progetto SyNapse avviato nel 2008 vuole riuscire in questa impresa usando proprio l’ingegneria inversa. Con un budget di 30.000.000 di dollari messi a disposizione dalla DARPA 2 che pubblicamente e segretamente finanzia molti progetti simili collegati allo sviluppo dell’IA. 

NOTE

1  L.Alexandre, La guerra delle intelligenze, intelligenza artificiale contro intelligenza umana, Edt, 2018, Torino, pag.59.

2   Agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare.

DALL’ABBASSAMENTO DEL QI ALL’AUMENTO DELL’IA

Riccardo Tennenini

«Diciamo che una macchina ultraintelligente sia definita come una macchina che può sorpassare di molto tutte le attività intellettuali di qualsiasi uomo per quanto sia abile. Dato che il progetto di queste macchine è una di queste attività intellettuali, una macchina ultraintelligente potrebbe progettare macchine sempre migliori; quindi, ci sarebbe una “esplosione di intelligenza”, e l’intelligenza dell’uomo sarebbe lasciata molto indietro. Quindi, la prima macchina ultraintelligente sarà l’ultima invenzione che l’uomo avrà la necessità di fare.»

Irving John Good

L’abbassamento del QI è un problema serio, così come l’utilizzo della tecnica sregolamentata da qualsiasi controllo e in mano a poche corporation in un sistema liberal-capitalistico. I molteplici problemi riguardo le nuove tecnologie sono determinati principalmente da un indirizzo svincolato da qualsiasi etica e controllo da parte degli Stati. L’intelligenza, sarà al centro del grande mutamento dei secoli futuri. Si assisterà, in particolare, all’aumento di un altro tipo di intelligenza, che appare sulla scena mondiale per la prima volta nella storia umana, quella artificiale (IA). Partiamo da una piccola considerazione: avete presente la parola magica “smart” presente in tutti i nuovi dispositivi di ultima generazione? Smartphone, SmartTv, Smartcity, Smartglass, Smartcar, Smartcard etc; in italiano quella parola inglese vuol dire “intelligente”. Ironico pensare che mentre l’umanità diventa sempre più stupida, le macchine diventano sempre più intelligenti. L’intelligenza dell’IA aumenta in maniera esponenziale secondo una ripida curva ascendente. Ciascuna interazione, infatti, incrementa del 3% l’intelligenza dell’IA. Ogni miglioramento successivo è comprensivo del precedente.1 

In questo frangente le neuroscienze computazionali sono state decisive, si occupano di simulare il sistema di elaborazione delle informazioni che arrivano ad un cervello umano mediante il calcolo computazionale. In questo modo la mente viene paragonata ad un software installato su un wetware.2 Il loro primo obiettivo è capire il funzionamento delle reti neurali le cui principali componenti  sono gli assoni, le sinapsi e i dendriti. Il cervello umano ha circa 100 miliardi di neuroni (le cellule che inviano e ricevono gli impulsi elettrochimici). Ogni neurone è connesso a decine di migliaia di altri neuroni. Queste connessioni tra neuroni rendono le operazioni del cervello parallele.3 In termini computazionali invece sono seriali, tipiche della maggior parte dei Computer.4 Il secondo obiettivo è quello di capire cosa avviene nelle reti neurali.5

Per questa ragione le neuroscienze computazionali combinano dati ad alta risoluzione e strumenti di  neuroimaging con elettrodi impiantati direttamente nel cervello degli animali a tecniche come la PET e fMri. Le sonde neurali collegati all’interno e dall’esterno del cranio descrivono il funzionamento dei singoli neuroni, mentre le tinture sensibili all’elettricità indicano il momento in cui determinati neuroni sono attivi. Sulla base dei risultati di queste e altre tecniche gli scienziati formulano ipotesi verificabili sugli algoritmi che governano le reti neurali. Il dottor Richard Granger afferma che: “l’obiettivo delle neuroscienze computazionali è comprendere il cervello abbastanza bene da riuscire a simularne il funzionamento. Nello stesso modo in cui oggi i robot si sostituiscono all’uomo nelle fabbriche e negli ospedali, così la riproduzione del cervello tramite ingegneria inversa produrrà delle entità che prenderanno il nostro posto nelle mansioni intellettuali. A quel punto costruiremo simulacri del cervello e ripareremo il nostro quando non funzionerà più”.

NOTE

1  J.Barrat, La nostra invenzione finale, l’intelligenza artificiale e la fine dell’età dell’uomo, Nutrimenti, Roma, 2019, pag.21.

2  Hardware composto da tessuto cerebrale piuttosto che da transistor.

3  L’elaborazione parallele, vuol dire che i numerosi dati sono gestiti nello stesso momento; migliaia se non milioni di azioni simultanee.

4  L’elaborazione seriale vuol dire che l’elaborazione è sequenziale una computazione alla volta.

5  L.Alexandre, La guerra delle intelligenze, intelligenza artificiale contro intelligenza umana, Edt, 2018, Torino, pag.238.

6  R.Granger, “How Brains Are Built: Principles of Computational Neuroscience”, cit.